Dexter, True Crime e la fascinazione per gli antieroi: perché tifiamo per i “cattivi”
Dexter Morgan, serial killer con il volto pacato di un tecnico forense, è diventato uno dei personaggi televisivi più emblematici degli ultimi decenni. Ma perché milioni di spettatori provano empatia per qualcuno che, tecnicamente, è un assassino? La crescente popolarità del genere true crime e il fascino degli antieroi nascondono risposte interessanti su di noi, sulla nostra psicologia e sul nostro modo di processare il bene e il male.
True crime: quando l’oscurità diventa intrattenimento
Podcast, serie documentarie e docu-thriller: il true crime è ovunque. Piattaforme come Netflix e Spotify lo sanno bene, perché questo filone narrativo continua a crescere, conquistando un pubblico vastissimo, formato per lo più da donne. Gli studi parlano chiaro: oltre il 70% degli ascoltatori di podcast di questo genere sono donne, spinte da curiosità, desiderio di capire meccanismi criminali e un istinto innato per l’autoprotezione.
Questa tendenza riflette un bisogno quasi primordiale: esplorare il pericolo ma in sicurezza, con il filtro della narrazione. Il male, raccontato con rigore o con suspence cinematografica, diventa quindi affascinante, misterioso, persino educativo.
Dexter: il serial killer che ci conquista (per davvero)
Nella cultura pop, Dexter è l’antieroe per eccellenza. Uccide spietatamente, ma solo chi – secondo il suo codice – merita la morte. È una giustizia deviata, ma che ci dà soddisfazione. Un vigilante oscuro che colpisce laddove la legge non arriva, incarnando una giustizia poetica difficile da condannare, almeno nella finzione.
Ci piace, perché:
- Agisce secondo un codice riconoscibile, seppure discutibile
- È guidato da traumi personali e da un bisogno di contenere i propri impulsi
- Si rivela incredibilmente umano, combattuto tra desiderio e rimorso
- Affronta nemici peggiori, mettendoci nella strana posizione di “tifare per lui”
Antieroi e psicologia: questione di empatia selettiva
La moralità sospesa che proviamo davanti agli antieroi è al centro di molte ricerche in ambito psicologico. Secondo esperti come Paul Bloom e Jonathan Haidt, l’essere umano ha uno strumento straordinario: la capacità di proiettarsi nei panni dell’altro, anche quando l’altro è lontano dai nostri ideali etici.
Quando guardiamo Dexter o altri antieroi, il nostro cervello interrompe il giudizio e attiva una risposta empatica. Questo succede soprattutto quando il personaggio:
- Mostra un trauma di origine o un passato che lo “giustifica”
- Agisce con coerenza rispetto a un’etica personale
- Espone sofferenze, dilemmi interiori e segnali di umanità
- Si oppone a mali percepiti come superiori
Il confine tra giusto e sbagliato diventa più sfumato, e noi ne siamo attratti perché ci permette di esplorare la complessità umana senza conseguenze reali.
Che tipo di spettatore sei?
L’attrazione per gli antieroi dice molto anche sul nostro stile di visione. Due principali tipologie emergono tra gli appassionati di serie e crime story:
Spettatore Empatico:
- Entra emotivamente nella narrazione
- Si identifica con il protagonista, anche se moralmente ambiguo
- Resta coinvolto fino alla fine, sperando nella sua “salvezza”
Spettatore Analitico:
- Osserva con distacco critico le vicende
- Soppesa eticamente le scelte dei personaggi
- Interpreta la storia come metafora o costruzione narrativa
Non esiste un approccio giusto o sbagliato: entrambi i profili ci aiutano a comprendere come ci relazioniamo emotivamente con le storie che consumiamo.
L’ambiguità morale ci rappresenta
La crescente popolarità degli antieroi segnala qualcosa di profondo nel nostro rapporto con la realtà: il mondo moderno è incerto, contraddittorio, raramente bianco o nero. Rifugiarsi in storie dove anche il “cattivo” ha un cuore, dove la legge può vacillare, ci dà un senso di autenticità. È come se finalmente la narrazione smettesse di mentirci con supereroi perfetti e iniziasse a parlare il linguaggio della complessità.
Come ci influenzano queste storie?
Guardare true crime o seguire le vicende di antieroi ha effetti psico-emotivi che meritano attenzione. Tra gli impatti più comuni:
- Sensazioni di allerta aumentate e maggiore attenzione all’ambiente
- Crescita dell’empatia verso vittime, ma anche verso “carnefici” fragili
- Migliore consapevolezza morale e riflessione sulle zone grigie del comportamento umano
Queste storie non ci corrompono: ci rendono più consapevoli, più attrezzati per decifrare la realtà, e forse anche più empatici.
Dentro ognuno di noi c’è una parte che cerca risposte nei luoghi più bui dell’anima. Gli antieroi, con il loro fascino problematico, parlano proprio a quella parte. E anche se sappiamo che è tutta finzione, la verità emotiva dietro ogni storia resta potente. Umanamente potente.
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